Nella Sala Tirreno della Regione Lazio si è tenuto un importante convegno dedicato alle cure palliative e alla terapia del dolore, alla presenza del Direttore del Dipartimento della Programmazione del Ministero della Salute Andrea Urbani e dei massimi esperti del settore. L’intervento introduttivo del Direttore Generale della ASL Roma 2, Dottor Francesco Amato, ha offerto un’analisi approfondita e lucida sulla Legge 38/2010, il suo impianto valoriale, le sfide applicative e le prospettive per un sistema sanitario che intenda davvero mettere al centro il paziente.
Il Dottor Amato ha aperto il suo intervento richiamando il contesto culturale e sanitario in cui nacque la Legge 38, promulgata il 15 marzo 2010, di cui è stato estensore, come risposta normativa a un’esigenza etica e clinica: dare dignità e attenzione alla sofferenza umana in tutte le sue declinazioni. “La legge – ha ricordato – si fonda sul concetto di ‘dolore totale’, che comprende dimensioni fisiche, psicologiche, relazionali e spirituali”. Una normativa, quella italiana, che ha anticipato i tempi, diventando un riferimento internazionale, tanto da essere stata presentata al Parlamento europeo, dove ha ricevuto ampi consensi e riconoscimenti.
Nel delineare lo stato dell’attuazione della Legge 38, Amato ha posto l’accento sull’indagine conoscitiva avviata dal Ministero della Salute nel 2018, a quasi dieci anni dalla sua approvazione. Tale monitoraggio ha avuto un ruolo determinante nel definire gli orientamenti della programmazione sanitaria, con ricadute nel Patto della Salute 2019 e nel DM 77, che insieme al DM 70 definisce il nuovo assetto ospedaliero e territoriale del nostro sistema sanitario. Amato ha inoltre sottolineato l’obbligo, rafforzato dalla Legge 106, per le Regioni di recepire pienamente la normativa, prevedendo controlli semestrali da parte di Agenas, che aggiorna regolarmente il Parlamento sull’applicazione della legge.
Uno dei capisaldi dell’intervento è stato il richiamo alla necessità di “lavorare in rete”, un principio già introdotto dalla Legge 38 e successivamente assunto dal DM 70 e dai nuovi Livelli Essenziali di Assistenza. Il Direttore Generale ha spiegato come l’accreditamento delle reti di cure palliative – comprese quelle pediatriche – consenta di superare l’ottica prestazionale, promuovendo invece un modello basato sul percorso di cura, integrato e multidisciplinare, che valorizza la presa in carico complessiva del paziente, lungo tutto il continuum assistenziale.
Amato ha però anche lanciato un appello concreto e urgente: servono risorse, dati affidabili e una programmazione più aderente alla realtà. Il fabbisogno stimato è di 335 operatori ogni 100.000 abitanti, ma resta da definire con maggiore precisione la distribuzione tra cure primarie e rete specialistica. Solo con un flusso informativo efficace sarà possibile rispondere ai bisogni crescenti della popolazione.
Infine, ha affrontato una delle questioni più complesse: le implicazioni etiche e organizzative delle cure palliative nel contesto dell’evoluzione demografica e sanitaria del Paese.
“Nel 1978 gli over 65 erano 7 milioni, oggi sono più del doppio – ha affermato – e molti di loro sono pazienti cronici che richiedono assistenza palliativa”. Per rispondere a questo cambiamento, è necessario un cambio di paradigma: dalla sanità del ‘tutto e subito’, centrata sull’acuzie, a un modello capace di offrire continuità, prossimità, appropriatezza e multidisciplinarietà. “L’etica dell’organizzazione – ha concluso – è oggi parte integrante dell’etica clinica. La qualità delle cure non è solo nella tecnica, ma nel modo in cui la struttura si prende cura delle persone”.
Un intervento che ha saputo coniugare visione strategica e sensibilità umana. Una riflessione profonda, rivolta a tutti coloro che, dentro e fuori le istituzioni, hanno a cuore il diritto alla cura e alla speranza.