Nel cuore delle istituzioni italiane si è svolto il convegno “Sostenere la genitorialità nel presente e nel futuro”, un incontro che ha rappresentato molto più di una tavola rotonda sulla Procreazione Medicalmente Assistita (PMA). È stato un momento di confronto ad ampio raggio tra decisori pubblici, clinici, programmatori sanitari e rappresentanti politici, in cui si è tracciato lo stato dell’arte della PMA in Italia, alla luce della recente inclusione nei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA). Un passaggio definito epocale da tutti i relatori, che hanno sottolineato come il tema della fertilità non riguardi soltanto l’ambito clinico, ma si collochi oggi al centro delle politiche di welfare, sanitarie e sociali.
Ad aprire i lavori è stato il dottor Rocco Rago, promotore dell'iniziativa, che ha evidenziato come negli ultimi due anni si sia assistito a un'accelerazione culturale sul tema della fertilità, non solo nella sensibilità sociale ma anche nella consapevolezza istituzionale. Ha sottolineato come la PMA non debba essere più considerata una nicchia medica, bensì una risposta concreta a una crisi sistemica che coinvolge la tenuta stessa del welfare, messo a rischio dal crollo demografico. È in questa ottica che il titolo del convegno lega la PMA alla sostenibilità del welfare nazionale.
Andrea Urbani, Direttore Regionale della Salute, ha portato il suo contributo ricordando il ruolo attivo avuto nella revisione del DPCM 2017 e nell’inclusione della PMA nei LEA. Ha ripercorso le criticità di un sistema che fino a oggi ha garantito diritti sanitari diseguali sul territorio, con prestazioni accessibili solo in alcune regioni e in larga parte affidate al settore privato. La riforma, ha affermato, mira a colmare questa frattura garantendo a tutte le donne italiane, indipendentemente dal luogo di residenza, pari opportunità di accesso alla maternità assistita. Un impegno che nel Lazio è già stato avviato, nonostante alcuni ricorsi giuridici, con l'obiettivo di accreditare strutture pubbliche e private in grado di erogare questi servizi. Urbani ha messo in evidenza come la PMA rappresenti non solo un diritto alla salute, ma anche un pilastro necessario per un sistema previdenziale che rischia di implodere sotto il peso della denatalità.
Un’analisi condivisa anche dall’onorevole Simona Loizzo, membro della Commissione Affari Sociali della Camera, che ha riportato il lavoro avviato con l’indagine conoscitiva parlamentare sui centri italiani di PMA, con particolare attenzione alle pazienti oncologiche. L’onorevole ha denunciato la forte disomogeneità tra Nord e Sud, tra pubblico e privato, che costringe molte donne a trasferimenti onerosi e lunghi soggiorni fuori regione per ricevere cure adeguate. Il ritardo nella maternità, spesso imposto da precarietà lavorativa o percorsi professionali complessi, rappresenta un’altra delle sfide di questa epoca, in cui la fertilità biologica si scontra con la realtà sociale. Loizzo ha sottolineato la necessità di rafforzare la rete pubblica e di garantire equità, affinché l’accesso alla maternità non sia un privilegio economico ma un diritto garantito.
Il presidente dell’Ordine dei Medici di Roma e provincia, Antonio Magi, ha legato il tema della fertilità alla sostenibilità del sistema sanitario. Con un tono diretto e pragmatico, ha ricordato che oggi due adulti fanno fatica a generare anche un solo figlio, e che ogni nuovo nato si troverà sulle spalle il carico sociale di sei anziani. Una dinamica che mette a rischio la sopravvivenza stessa del welfare. Magi ha posto l'accento sulla necessità di una corretta informazione sanitaria e di un’alleanza tra pubblico e privato, purché guidata da standard di eccellenza e finalizzata al risultato, cioè la nascita di un bambino. Ha richiamato l’ordine dei medici al suo ruolo: essere cinghia di trasmissione tra il cittadino e le nuove opportunità offerte dalla sanità pubblica, assicurando che ogni medico sia in grado di orientare i pazienti nei percorsi di PMA.
Ad offrire uno sguardo di sistema è stato Francesco Amato, Direttore Generale della ASL Roma 2, che ha colto l’occasione per riflettere sul significato profondo della Legge 40 e del concetto di rete assistenziale. Amato ha ricordato che l’infertilità è una patologia a tutti gli effetti e che, come tale, non può essere affrontata con una prestazione singola, ma richiede una presa in carico multidisciplinare. La PMA, ha detto, ha anticipato molti dei principi oggi cardine della programmazione sanitaria: continuità assistenziale, personalizzazione del percorso di cura, integrazione ospedale-territorio. Secondo Amato, non si tratta di aggiungere costi al sistema, ma di organizzare meglio le risorse per evitare inefficienze. Le nuove progettualità della ASL Roma 2 puntano a offrire anche alle donne che oggi non possono diventare madri l’opportunità di preservare la propria fertilità in modo gratuito, grazie all’uso dei propri gameti. Un approccio preventivo, che si integra con il concetto di innovazione etica e tecnologica che oggi guida la sanità del futuro.
Il convegno ha tracciato una linea chiara: la genitorialità non può più essere affrontata come scelta privata da sostenere solo in condizioni patologiche o con risorse personali. È un tema collettivo, una sfida nazionale, una leva fondamentale per il benessere sociale ed economico. L’inclusione della PMA nei nuovi LEA è un punto di svolta che chiama in causa non solo la sanità, ma la politica, le istituzioni, l’organizzazione dei servizi e il senso stesso di equità. Ora tocca ai territori, alle reti cliniche e agli attori della programmazione trasformare questa conquista in un diritto reale, accessibile e sostenibile.